Nella sua prima opera, “47 Secondi”, Corrado D’Angelo ci aveva
abituato a racconti fulminei e spesso divertiti. In “Mine Vaganti” il
tramite del racconto non cambia ma la narrazione diventa più descrittiva, indugia
sugli stati d’animo dei personaggi e talvolta sugli ambienti che li circondano,
a discapito degli accadimenti puri e semplici. Un’evoluzione verso una prosa
più consapevole che conferma però il suo fine ultimo: generare sentimenti ed emozioni
coinvolgenti per il lettore che, trascinato in una direzione dal succedersi dei
fatti, viene spesso sorpreso dall’irrompere di una distonia che rende incerto
l’esito del narrato.
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